di Stefano Di Tondo
I bei tempi del Teatro
Non passarono troppi anni di serenità e vivacità per il nostro teatro. Esso sarà, infatti, fra gli edifici danneggiati durante il celebre attacco francese del 1799. Nonostante le successive modifiche e la mancanza dei progetti originari, a causa di incendi, restauri, terremoti, l’aspetto di quel primo edificio è in parte noto grazie ai ricordi di alcuni esponenti della famiglia Tolomeo, i quali provvidero a imprimere su carta il disegno della facciata principale a beneficio dei posteri.
Grazie ai restauri che seguirono all’incendio francese, il teatro fu riaperto il 2 aprile 1804 e per celebrare questo nuovo inizio venne organizzato un gran ballo, che fece accorrere a Trani i rappresentanti delle classi aristocratiche di tutta la provincia. Purtroppo, però, negli anni seguenti, coincidenti con i regni di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, il teatro rimase spesso chiuso, a causa dell’insicurezza generata da gruppi di banditi che inducevano gli altolocati a trascorrere le serate nelle proprie abitazioni. La condizione di crisi economica del proprietario, Riccardo Candido, che morì nel 1815 lasciando debiti agli eredi, aggravò la situazione.
Gli eredi si trovarono costretti quindi ad affrontare una decisione drastica: quella della vendita. Vollero però che l’edificio rimanesse inalterato nella sua funzione di contenitore culturale cittadino. Prima la vedova Candido e poi il figlio del barone si impegnarono nel tentare la vendita alle pubbliche istituzioni piuttosto che a privati, temendo, in base a quanto dichiarato, che questi ultimi per necessità potessero cambiarne la destinazione d’uso.
La transizione del teatro da proprietà privata a pubblica fu complessa. Maria Elisabetta de Angelis, vedova di Candido, propose di cedere il teatro all’erario nel 1820 per evitare, come detto, una possibile vendita a privati che ne avrebbero cambiato la destinazione. Dopo un lungo stallo, nel 1824, il figlio Nicola Candido avanzò una nuova proposta di vendita, che portò ad una nuova valutazione finanziaria del teatro.
Emerse, però, fra i proprietari dei palchi e i Candido, da una parte, ed il Comune, dall’ altra, una disputa sui diritti dei palchi, con i sedicenti proprietari che chiedevano di rispettarli, mentre il decurionato voleva un acquisto senza vincoli. Alla fine, il Comune ottenne l’acquisizione del teatro solo nel 1835, dopo anni di trattative e una sentenza giudiziaria. L’appello della controparte fu respinto nel 1836, e il Comune prese pieno possesso del teatro solo nel 1839.
Vi è quindi, in questa fase, una cesura importante nella storia della tradizione teatrale tranese: si passa da un progetto di iniziativa privata ad un contenitore culturale di pubblica proprietà.
Il Teatro Comunale di Trani, raggiunse il suo periodo d’oro tra il 1830 e il 1854, soprattutto perché all’epoca era ancora l’unico teatro della provincia; questo primato venne mantenuto fino all’apertura del Piccinni. Anche dopo il 1863, anno in cui l’edificio conobbe un incisivo rinnovamento (nuova facciata principale, porticato, ampliamento del palco ecc.), il nostro teatro beneficiò di un decennio di successo musicale, nonostante la crescente concorrenza dei teatri vicini.
Il teatro ospitò, fra le altre cose, balli in onore ed in presenza di sovrani, come Ferdinando di Borbone e Gioacchino Murat, così come accolse musicisti di fama internazionale: il barese De Giosa che assistette alla messa in scena di una sua opera; Saverio Mercadante che nel 1855 venne a Trani per scritturare alcuni musicisti, al fine di comporre l’orchestra che avrebbe suonato per l’inaugurazione del Piccinni avvenuta quello stesso anno; Mascagni , che si trattenne diversi giorni per poi essere salutato l’ultima sera da una folla di amici che lo accompagnarono con musica bengala e fiaccole fino al suo alloggio in via Mario Pagano dal cui balcone salutò e lanciò un bouquet.
Non mancarono noti patrioti, come Felice Cavallotti che venne accolto in stazione da una folla spontanea di mille persone e al quale durante la rappresentazione a teatro gli venne donato un calamaio d’argento, su iniziativa di Pio Pugliese; egli lo gradì a tal punto che nel testamento lo menzionò come dono degli “amici tranesi”.
Anche celebri comici napoletani, come i Casaccia, i Petito e i Tomeo, si esibirono al Comunale dopo il San Carlino, dimostrando come Trani fosse una tappa ambita nel sud Italia.